Mulesing e lana mulesing-free
Iniziamo questa sezione dedicata agli approfondimenti sui temi cari a CAMCO con un argomento crudo, che tenteremo di trattare sinteticamente senza eccedere nella descrizione degli aspetti più brutali.
Forse non è il migliore degli inizi, perché i nostri pensieri sono sempre rivolti ad approccio positivo ad una vita attiva e pacifica all’aria aperta in armonia con la natura, ma la realtà è che ancor prima di fondare il marchio e dar vita al progetto di una linea di abbigliamento activewear, abbiamo cercato i fornitori di una lana merino che fosse mulesing-free e al successo di questa ricerca era legato proprio il prosieguo dell’idea imprenditoriale: “no mulesing-free, no CAMCO”.
Cos’ è il mulesing
Il mulesing è una pratica “chirurgica” codificata dall’australiano John W. H. Mules, vissuto a cavallo del XIX e XX secolo. Viene praticata su agnelli di età compresa tra le 2 e le 10 settimane di vita e l’obiettivo è rendere più liscia e con meno lana una ampia zona intorno/sotto alla coda, dove umidità e ristagni di urina attraggono le mosche della specie Lucilia Cuprina.
Le pecore di razza merino sono caratterizzate da una pelle rugosa, che aumenta la quantità di lana prodotta a parità di stazza della stessa pecora con pelle liscia. Il mulesing, attraverso l’uso di cesoie affilate e gabbie metalliche, consente di asportare la pelle nella zona descritta e il tessuto cicatriziale che resta dopo l’operazione (settimane dopo l’operazione, quando la pelle si sarà rigenerata) risulta più liscio e con meno lana, eliminando in parte l’habitat cercato dalla mosca Lucilia Cuprina per deporre le uova. Uova che si dischiudono rilasciando larve che si infilano nella carne della pecora iniziando a cibarsene.
Il mulesing viene generalmente effettuato senza una preventiva somministrazione di anestetici o farmaci anti-dolorifici e senza successiva terapia antibiotica. Anche quando viene spruzzato un farmaco antidolorifico sulla parte appena “trattata”, l’effetto di questo è generalmente di 8 ore, mentre il dolore per l’operazione si protrae per 72 ore, nelle quali l’agnello mostra comportamenti atipici – resta fermo, con la testa abbassata e il naso che quasi tocca il suolo, schiena curva e corpo contratto, per poi lanciarsi in brevi corse. Il ricordo del dolore si mantiene vivo per oltre un mese, periodo nel quale evita l’uomo e soprattutto colui che ha effettuato l’operazione.
Da sottolineare che questa pratica non salva le pecore dall’essere vittime di questa mosca, soprattutto nel periodo successivo all’operazione, in cui la carne viva è esposta – e allora si rischiano anche altre infezioni in genere. Ovviamente le parti non interessate dal mulesing restano potenzialmente aggredibili dalla mosca, pur avendo meno appeal per essa.
L’alternativa: la lana mulesing-free
Il mulesing è ancora ampiamente diffuso in Australia, nazione di gran lunga il maggior produttore di lana merino, mentre è vietato in Nuova Zelanda e Sud Africa. L’Australia è perciò l’unica nazione in cui è praticato il mulesing. L’impiego di insetticidi potrebbe servire a controllare la popolazione di mosche, ma con evidenti svantaggi per l’ambiente, gli animali e la lana stessa. L’alternativa dovrebbe essere l’utilizzare migliori pratiche di allevamento, con diete adeguate e prevedere la pulizia degli animali.
Di base resta poi che le pecore di razza merino hanno una pelle con molte pieghe e un carico di lana importante, che può spesso portare al collasso o alla morte per colpo di calore nei mesi caldi.
Forse la razza merino non è la più adeguata per un clima umido come quello delle zone in cui esiste il rischio di infezione da parte della mosca Lucilia Cuprina.
La lana argentina è da questo punto di vista una lana per sua natura mulesing-free. I freddi e asciutti pascoli della Patagonia non consentono la proliferazione di molti parassiti e batteri e la famigerata mosca qua non è mai esistita, non sussistendo assolutamente le condizioni per la sua proliferazione. Di conseguenza in Argentina il mulesing non esiste e non è mai esistito.