Il consumo d’acqua del nostro guardaroba
Il prolungato periodo di siccità che stiamo vivendo in Lombardia ci riporta alla mente alcune considerazioni che hanno determinato la scelta dei materiali che utilizziamo.
Qua a Como il nostro lago ha raggiunto il livello al di sotto del quale la navigazione entra in crisi, è a rischio la tenuta di muretti e darsene e anche flora e fauna si trovano a dover affrontare una situazione difficile per la loro sopravvivenza.
E’ una situazione estrema poiché estremo è il clima di questi mesi, con siccità prolungata e temperature che si prevedono fin oltre i 40°C già da oggi, quando già da molte settimane si registrano valori oltre la media dei rispettivi periodi.
Parliamo per nostra esperienza diretta qua, in Lombardia, ma il problema interessa pesantemente tutto il nord Italia e molte altre regioni italiane e d’Europa.
Praticamente in tutti i Comuni della Provincia sono state emesse ordinanze che hanno come obiettivo la limitazione dell’utilizzo della risorsa idrica, proibendo azioni come l’innaffiatura dei giardini.
E’ facile intuire chi siano coloro che pensano di potersi considerare una eccezione a tale prescrizione vedendo la rigogliosità di taluni giardini privati in queste settimane.
Laddove il senso civico e il rispetto delle ordinanze – oltre al buon senso – hanno un terreno fertile, nei giardini si vedono erba bruciata dal sole e piante con foglie cadenti e fiori secchi, anche per piante esposte solo poche ore al giorno alla luce diretta del sole, come accade per questa ortensia del nostro giardinetto – l’iperico e l’edera non se la passano male, per fortuna.
Quel che dovrebbe insegnarci questo periodo è che il cambiamento climatico è una realtà di fatto che ormai è difficilmente negabile anche dai più convinti negazionisti, e che l’acqua, fonte di vita, non è una risorsa che possiamo dare per scontato – come abituati a pensare noi fortunati cittadini dell’Europa del XXI° secolo.
Non è intenzione di chi scrive il fornire un elenco dei comportamenti virtuosi da seguire per evitare sprechi e consumi eccessivi, anche e soprattutto perché chi segue CAMCO è sicuramente una persona sensibile a tali tematiche e ci sarebbe ben poco da insegnare.
L’occasione nefasta di questa situazione di emergenza è qua colta solo per condividere il ragionamento che è stato fatto a suo tempo, quando si era trattato di pensare a quale fibra accoppiare la nostra adorata lana merino extrafine, biologica e mulesing-free, di modo che il tessuto risultante fosse più resistente alla perdita della forma nei capi in cui sarebbe stato utilizzato, rispetto al caso di un tessuto in sola lana.
Bambù, lino, canapa sarebbero state altre alternative, ma per l’abbinamento con una fibra classificata “extrafine”, il TENCEL™ è sembrato più indicato, condividendo con la lana merino molte qualità come morbidezza, traspirabilità, termoregolazione, efficace gestione dell’umidità corporea, inibizione dello sviluppo di batteri e odori, etc etc…
Oltre a questo aspetto, il TENCEL™ si è rivelata la fibra preferibile anche per aspetti legati alla sostenibilità, comprendendo qua anche considerazioni inerenti al fabbisogno d’acqua.
Se l’idea di raccontare la storia di questa scelta è qualcosa ispirato dal clima di questi giorni, è proprio per quanto il TENCEL™ sia stata una scelta dettata anche dalla sostenibilità della produzione di questa fibra. (Sostenibilità che poi è espressa al anche dalla natura stessa della fibra, che è certificata biodegradabile e compostabile).
TENCEL™ è il nome che Lenzing AG ha dato al proprio lyocell, che è la fibra generica.
Il lyocell è ottenuto dalla polpa del legno e l’aver scelto tra i vari produttori proprio la fibra prodotta dall’azienda austriaca Lenzing AG ha la sua motivazione nella scelta del legno utilizzato e nella sostenibilità del processo di produzione – a livelli così alti da essere stato premiato dalla Commissione Europea (Euopean Award for the Environment, categoria: Technology Award for Sustainable Development”)
Il legno utilizzato proviene da foreste semi-naturali principalmente in Austria e nei Paesi confinanti. Foreste gestite sostenibilmente, di faggio, abete rosso, betulla, pioppo, pino, acero, e da piantagioni, soprattutto di eucalipto (che “rende” maggiormente per la sua rapida crescita ed elevato contenuto di cellulosa. A parità di consumo di superficie l’eucalipto rende 5 volte le fibre tessili di quello che renderebbe lo stesso campo se coltivato a cotone).
Il legno prelevato è solo quello che può essere rimpiazzato con la crescita di nuove piante.
C’è pur sempre da considerare che ogni fibra tessile da qualche parte deve pur provenire e tralasciando le fibre sintetiche – per la maggiore provenienti dalla lavorazione degli scarti del petrolio e responsabili di buona parte delle microplastiche che stanno inquinando gli oceani – il ricorrere a fibre di origine naturale che sfruttino risorse che si possano rigenerare sembra la scelta migliore…ovviamente abbinata ad abitudini di consumo che non vadano nella direzione di un consumismo che porta ad accumulare più di quel di cui si abbia ragionevolmente bisogno.
Il processo di produzione del TENCEL™ ha uno schema a ciclo chiuso, nel quale i solventi organici sono riciclati per oltre il 99% e l’acqua è riutilizzata.
L’Indice Higg della Sostenibilità dei Materiali (“Higg SMI”), che misura la sostenibilità dei processi produttivi dell’industria tessile, ha evidenziato come la produzione del TENCEL™ ottenga un punteggio di 40 volte superiore, per quanto riguarda il consumo di acqua, rispetto alla produzione del cotone tradizionale non biologico (per informazioni sull’indice: https://howtohigg.org/ per una rappresentazione grafica del posizionamento delle varie fibre tessili in base all’impatto ambientale: https://www.kymo.de/en/blog/how-sustainable-are-textiles-a-comparison-using-the-higg-material-index).
Abbandonando poi le considerazioni sulla produzione e sui materiali e focalizzandoci sulla vita del capo in lana merino e TENCEL™, il fatto di essere costituito in un tessuto che unisce due materiali con eccellente gestione del vapore corporeo, termoregolatori e che limitano la generazione di ristagni di umidità e proliferazione di odori e batteri, porta anche alla conseguenza che i capi non necessitino di lavaggi frequenti come richiederebbero se fossero in altri materiali, anche e soprattutto se fossero prodotti con fibre sintetiche.
Un ulteriore risparmio d’acqua, che va a sommarsi al risparmio generato in fase produttiva.